Carlo Bordini
I costruttori di vulcani
SEZIONE A RACCOLTE EDITE
I costruttori di vulcani di Carlo Bordini comprende tutte le principali raccolte composte dal poeta nell’arco che va fra il 1975 e il 2010. Fra queste, Poesie leggere, Mangiare, Polvere, Frammenti di un’antologia, Sasso e Strategia, sono riassemblate non in modo diacronico. Egli crea infatti un libro nuovo, che accosta i testi poetici in modo del tutto rinnovato, capace di generare nuova creatività e nuovo flusso. Questo perché un poeta come Bordini si riconosce e sta dentro l’idea che l’opera letteraria sia tutt’uno con la vita e con il libero e mai completamente conosciuto flusso dell’esistenza. Più volte ha affermato infatti di non scrivere, ma di essere scritto dalla poesia, in una modalità quasi bioenergetica, che risente del suo passato di giovane militante pacifista e reichiano, così abile ad analizzare e metabolizzare il tempo presente a livello viscerale, magmatico, profondo, appunto da vulcanologo della parola poetica.
E il costruire vulcani del titolo è un ossimoro che ben riflette la principale virtù del poeta, che è quella di accendere fuochi, lampi, lacerazioni ed emozioni, ma anche quella di contenere e dare legittimità a una forma potente di scacco e autodistruzione. Autodistruzione è una delle tante parole a lui care, che ci rimanda a quel Manuale di autodistruzione che scrisse in prosa nel 1998, dove dava largo spazio alla carica di riflessione autoironica, di analisi dei propri rituali di infelicità e malattia. Negli anni precedenti e a cavallo del ’68, Bordini visse in una specie di sogno il lavoro dello storico, ripercorrendo in modo che si può definire onirico il disegno di un’epoca assai poco studiata, quella dei primi anni ’60. Epoca che conteneva il sogno di una rivoluzione italiana, quella che fino alle internazionali comuniste, ai legami coi Partiti comunisti dell’America latina o del nord Africa, costituiva un orizzonte di senso per i giovani pacifisti e antimilitaristi. Di questo sogno utopistico e delle sue ripercussioni biografiche e intrapsichiche Bordini ha fatto un memoir, Memorie di un rivoluzionario timido che, come accade nelle pagine de I costruttori, è anche il sogno di una rivoluzione linguistica e delle idee.
Nell’aria mozartiana “Non più andrai farfallone amoroso” (Bordini è molto legato all’opera lirica), un giovane, amante delle belle donne, viene ridicolizzato come pronto per partire alla guerra, con queste parole ironicamente antimilitariste: “Non più avrai questi bei pennacchini,/ quel cappello leggero e galante,/quella chioma, quell’aria brillante,/quel vermiglio donnesco color.//Tra guerrieri, poffar Bacco!/Gran mustacchi, stretto sacco./Schioppo in spalla, sciabla al fianco,/collo dritto, muso franco,/un gran casco, o un gran turbante,/molto onor, poco contante!”
La sua opera è stata definita “una di quelle più alte di questi decenni, di una bellezza e di un’autenticità spesso accecanti”. La sua produzione poetica è tra le poche del nostro tempo che vuole essere letta come un infinito romanzo, perché generativa ogni volta di nuovi sensi e significati, in un lavorio continuo, febbrile, affidato alla lingua in una sperimentazione definita “onirica”. Il difetto dell’italiano letterario moderno è, infatti, per il poeta, la sua immobilità. La nostra appare una lingua appiattita dall’uso, quasi televisiva. Per questo effettua scarti, anomalie, anacronismi, forzature, deformazioni, lapsus, parole prese da altre lingue, o dai giornali, o usa la ripetizione/variazione, come faceva Amelia Rosselli, accentuandone la carica di denuncia e di spiazzamento.
Il linguaggio della poesia, per Bordini, è un linguaggio obliquo perché capace di entrare anche nella coscienza degli altri. Altra caratteristica della sua poesia è l’intrinseca ossimoricità, attraverso il flusso narrativo dato dalla ripetizione/variazione. Ne è un esempio, il ritmo ossessivo di poesie come Poesia derivante dall’osservazione di taluni moribondi della mia famiglia, fino alla rarefazione di poesie come nella serie Mangiare, i cui temi appaiono ossessioni labirintiche e oscure, fino alla leggerezza, alla concisione di Sondaggio: poesie brevi, brevissime, frammentate, ridotte a poche sillabe, della sezione conclusiva.
Nelle sue intenzioni dichiarate la ripetizione di temi, di poesie, con o senza varianti (da notare il valore sottilmente non filologico, ma musicale, dato al termine variante (nel libro ci sono diverse versioni della stessa poesia e due diverse versioni del poemetto Polvere) ha appunto la funzione di creare una partitura musicale (e qui ritorna l’amore di Bordini per la forma alta della musica, l’opera lirica, nelle sue possibili infinite varianti esecutive), che può essere interpretata e reinterpretata ogni volta in modo nuovo. Concludo con le sue parole: “preferisco usare il termine ‘flusso musicale’ perché il mio punto di riferimento è la musica. La musica prende un tema e lo ripete variandolo; tutta la musica; e in questo senso è molto, molto, molto simile alla poesia”.
(Loredana Magazzeni)